09 gennaio 2009

... ci scrive don Renato Lavagnoli

Dal Kenia ci scrive don Renato Lavagnoli che, quale direttore del Centro P. Vismara, ha collaborato per diversi anni con i nostri sacerdoti.

Maguga, 27 dicembre 2008

Buon Natale!!
Sono già passate quasi due settimane dal mio arrivo in Kenya e alla fine mi decido a scrivere due righe per il Natale. Anche senza aver impegni le giornate volano via in un baleno…
Il viaggio è andato benissimo, ho dormito molto e all'arrivo c'erano due confratelli indiani ad attendermi insieme a don Zaccarias, il prete angolano con cui dovrei vivere insieme e che ora è in Italia per motivi di salute. Il volo (Malpensa-Zurigo-Nairobi) è stato tranquillo, anche se una specie di ippopotamo travestito mi ha impedito di gustarmi le alpi innevate…
A Nairobi la comunità vive in una bella casa in periferia, ad Ongata Rongai, una sorta di quartiere dormitorio ad una decina di chilometri da Nairobi. È una zona benestante, anche se le strade, appena fuori dalla statale, sono tutte bianche e con buchi da matti. Il tempo è caldo, ma al mattino fa freddo e di notte uso un paio di coperte leggere. Appena si alza il sole però, la temperatura si aggiusta attorno ai trenta gradi.
Ad Ongata Rongai oltre allo studentato con i seminaristi che studiano teologia c'è una piccola attività con i bimbi del vicino slum. È lì che dovrei trasferirmi per studiare Swahili, ai primi di gennaio per un paio di mesi.
Dopo un paio di giorni ad Nairobi (spesi per la maggior parte con don Corrado, un prete italiano ricoverato all'ospedale dopo un incidente automobilistico ed in attesa di essere trasferito in Italia [dopo sei giorni di ospedale si sono accorti che ha una frattura alla colonna vertebrale…]), giovedì scorso mi sono trasferito qui a Magagu, detto anche Pipeline, perché a due passi dal deposito carburante che serve tutta la North Rift Valley, la regione dove stiamo noi.
Siamo venuti io e Alves con le due valigione con i matatu, pulmini che fanno servizio alla velocità della luce. È incredibile come si cambi continuamente il paesaggio: sui passi più alti (2.500 metri) è verde e sembra il Trentino (tranne che per il colore rosso della terra, la vendita di banane e il numero di carri trainati da somari …), poi i laghi di Elemetaita e Naivasha con le terre coltivate e infine l'arrivo qui, dove è tutto bruciato, e si alzano nuvole di polvere, con l'erba secca e le acacie spinose: sembra di essere nella savana africana …
Abitiamo (io, Luciano e Alves, che è tornato dall'Angola per darmi il tempo di studiare almeno un po' [continuano a dirmi che la lingua è facile, ma io non ci capisco niente]) in una casetta (tre stanze con sala da pranzo e cucinina) a Magagu, una dozzina di chilometri a ovest di Nakuru, in un quartiere in costruzione, benestante (… in termini kenioti, chiaramente…) dove stanno costruendo una grande chiesa.
Con noi c'è anche un volontario italiano (Giampietro) di Bergamo che aiuta Luciano nel lavoro (resterà qui per un paio di anni almeno, sembra un bel tipo).
Per ora passo il tempo a studiare, pregare, incontrare persone di cui non ricordo il nome e la posizione e … fare ginnastica per la schiena!
Inoltre … non sembra Natale! Al di là del caldo secchissimo di giorno, un paio di volte al giorno fanno canti natalizi alla radio e tutto qui. Non c'è stata la messa di mezzanotte perché la gente dopo il buio (= ore sette e qualche secondo) non esce di casa per il pericolo dei banditi.
È un Natale interiore, senza l'aiuto dei segni e delle liturgie che ce l'hanno reso caro. Ma da spazio alla Parola di Dio che illumina di significato e che mi chiama alla comunione con Lui così come Lui si è fatto uno con me. Mi sento un po' come Israele in esilio: non avrete più tempio ne profeta ne olocausto, ma "Io sono con voi!", e questo basta.
Mi sento ancora sperso, per fortuna alla fine i due mesi per studiare sono saltati fuori, così ho tempo per abituarmi a persone e ritmi. Vediamo cosa ha preparato il Signore …
Appena arrivato mi hanno presentato come il nuovo parroco, cosa che mi ha messo un po' di agitazione, ma lo sapevano già tutti (anche i bambini!) per cui ho fatto buon viso a cattiva sorte. La parrocchia (Saint John the Evangelist = San Giovanni evangelista, oggi è la festa ma è stato fatto tutto un mese fa prima dell'avvento) è composta da tre cappelle e la Chiesa principale che è in costruzione. È appena stata eretta come parrocchia staccandola da una più grande perché è un luogo in sviluppo edilizio, un po' tutto da inventare, anche se ci sono le comunità cristiane di base…
Luciano invece lavora con i ragazzi, li raccoglie al Dropping Center a Nakuru e poi li porta per un programma di recupero al Boy's Ranch. Ma dopo il programma (minimo sei mesi massimo un anno) o tornano alle famiglie o vengono affidati ad un istituto. Così con Natale (=adesso!) il gruppo dei ragazzi cambia e a Gennaio arrivano i nuovi. Differente l'attività con le ragazze. Sono tutte vittime di abusi che ci vengono affidate dal tribunale dei minori, i percorsi sono più elastici, anche se in ogni caso questa non sarà la soluzione definitiva, nel senso che restano qui un tempo soltanto.
Ogni casa ha come responsabile un house parent (in realtà sono due per casa e si turnano settimanalmente (tempo pieno!!). I ragazzi (e le ragazze!) provvedono a tutto: pulizia, cibo, coltivano verdure e crescono conigli, capre e un paio di mucche …
Infine con assistente sociale e volontari fanno animazione nel carcere minorile cittadino (che è semplicemente un'ala del carcere).
Per ora basta, se no la prossima volta non so cosa scrivervi, cercherò di farmi vivo al più presto.
Un abbraccio a tutti! Vi ricordo ogni giorno nella preghiera!