13 marzo 2009

FAMIGLIA e LAVORO

Pubblichiamo l’ultima parte del documento “FAMIGLIA e LAVORO” predisposto a cura del Servizio Diocesano per la Vita Sociale e il Lavoro, nell’intento di offrire utili argomenti per la riflessione individuale e comunitaria


I valori che la famiglia porta nel lavoro

La marginalità.
Nella famiglia chi è debole non sa reggere se non è sostenuto.
Nel lavoro, a parte momenti di debolezza possibili a tutti, ci sono persone che hanno bisogno di essere sostenute. Penso ai portatori di handicap che la legislazione si impegna a inserire nel lavoro con una certa percentuale, ma penso anche alle persone fragili che non hanno riconoscimenti particolari da parte delle istituzioni, eppure soffrono per carattere, per difficoltà, per rifiuti, per forme subdole di crudeltà, innescando situazioni drammatiche di angoscia. Il mobbing sta aumentando sia per lo stress cui sono sottoposte le persone, sia per il rifiuto e la marginalizzazione imposta da dirigenti e colleghi.
Un’operazione intelligente è incontrare questi colleghi, mangiare normalmente insieme in mensa, non far mancare la propria attenzione e umanità. Incoraggiare e spesso difendere.

Insegnare.
In famiglia si insegna. E beate quelle famiglie che incoraggiano la volontà ingenua e infantile di voler imitare gli adulti nelle abilità dei grandi!
E’ fondamentale insegnare, a costo di vedersi rompere qualche piatto perché si vuol prendere il gusto e la soddisfazione di lavarli (desiderio troppo presto abortito), ed è altamente educativo prendere i figli con sé nelle cose belle che si fanno per allenarli anche al lavoro manuale, incoraggiando ad osare pur sotto il controllo di chi è adulto. Non a caso le realtà associative, che coinvolgono i ragazzi ad una vita di gruppo e ad esperienze di convivenza, sostengono un metodo educativo importante per allenare alla vita di adulti e al loro impegno nella realtà sociale e lavorativa.
E bisogna stare molto attenti alle nostre paure di adulti che influenzano, in modo paralizzante, i tentativi di autonomia dei propri figli.
Nel lavoro bisogna insegnare il lavoro con intelligenza e amicizia, svelare i segreti, individuare difficoltà di apprendimento, accogliere gli ultimi arrivati soprattutto se giovanissimi, con quella maturità che possono sviluppare, in situazioni difficili, un padre od una madre. E non basta insegnare un mestiere ma è importante suggerire valori, scoprire sensibilità, maturare stili di vita. Il vecchio film: ”Capitani coraggiosi” è sempre una fonte di aspetti educativi.

Parlare di lavoro.
In famiglia e nelle associazioni bisogna parlare dei successi, delle novità che sorgono, delle relazioni solidali che crescono, delle conquiste fatte. Ai propri figli si desidera offrire il meglio mentre, del lavoro, si ricorda con loro solo difficoltà, tensioni tra colleghi, disorientamento e scontri, pretese ed egoismi.
I ragazzi hanno bisogno, però, di capire che un lavoro è utile, che può diventare, addirittura, una benedizione ed una speranza. E’, comunque, una ricchezza che si interiorizza e non solo danaro che si guadagna. Negli oratori i ragazzi ed i giovani vanno iniziati alla vita di lavoro, poiché questa realtà costituirà l’ossatura della loro spiritualità giornaliera e lo spazio della propria maturazione cristiana.
Nel lavoro è necessario mantenere, anche nel linguaggio, un atteggiamento di responsabilità riconoscendo i problemi che spesso ciascuno si porta dietro e sapere ascoltare le difficoltà. Nel lavoro poi, spesso, sorgono tensioni che vanno affrontate con semplicità e pacatezza. Offendersi rovina l’ambiente e irrigidisce gli animi. In particolare, dovremmo saper scoprire i pregi ed i valori di ciascuno e sostenere con consigli adatti allo svolgimento delle proprie mansioni senza prevaricare.