13 marzo 2009

SPECIALE SAN PAOLO

LO SCANDALO DELLA CROCE

Temi della lettera
La lettera ai Corinzi è la più varia, la più ricca di spunti e di situazioni esistenziali, legata ad annotazioni storiche concrete che diventano per Paolo occasione di profonde considerazioni sulla vera libertà della vita cristiana alla luce dell’unione vitale con Cristo morto e risorto, luce che illumina tutte le situazioni, centro al quale si annodano tutti i problemi dell’esistenza; la chiave di lettura della lettera e il criterio su cui Paolo fonda le risposte ai quesiti che gli sono stati posti è la comunione di tutti i credenti in Cristo.
Il piano della lettera è semplice: tolto il prologo e la conclusione, il discorso segue in maniera piana il filo delle difficoltà e delle domande che sono state poste. Si parla di divisioni, di incesto, di tribunali pagani per liti sorte tra i cristiani, di fornicazione, di matrimonio e verginità, di carni immolate agli idoli, di comportamenti nelle assemblee religiose, di carismi e del loro uso, di resurrezione dei morti. Questa è la cornice entro la quale si svolge la missione di Paolo. Noi stasera commenteremo i primi due capitoli della lettera.

Indirizzo, saluti e ringraziamento (1Cor 1, 1-9)
Può essere utile per noi esaminare l’indirizzo della lettera prendendo come riferimento i personaggi e le loro relazioni. La scena è affollata: Paolo, Sostene, la chiesa, i cristiani, Dio, Cristo.
Paolo definisce i cristiani di Corinto “Chiesa di Dio che è in Corinto, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo”, sottolineando la comunione di tutti i credenti in Cristo, tema principale di tutta la lettera, che ci offre un primo e basilare insegnamento: ogni soluzione ai problemi della comunità che crei divisione, anche se al nostro spirito può sembrare la più intelligente, è sbagliata. La lettera segue con il ringraziamento, nel quale Paolo, a differenza di altre comunità, ringrazia solo Dio per la generosità dei doni che la comunità ha ricevuto, in particolare la conoscenza e la predicazione, ma non altrettanto per il modo in cui li ha accolti e li vive. Cioè ringrazia per ciò che Dio ha fatto ma non per quello che i Corinzi fanno. Ai cristiani di Corinto, tendenzialmente predisposti a forme di entusiasmo, che ponevano in ombra l’attesa del Signore, Paolo ricorderà che Cristo è già risorto ma loro ancora no. Il cristiano vive ancora nel frattempo cioè in attesa del suo ritorno: il Signore non si è ancora svelato e la pienezza non è ancora giunta ma Dio, che non lascia mai a metà il suo lavoro perché è un Dio fedele che mantiene le sue promesse, “ vi renderà saldi sino alla fine”. E questo non è un augurio ma una certezza, la vera ragione della gioia cristiana.

Divisioni nella chiesa (1Cor.1, 10-16)
Il primo problema che Paolo affronta è proprio la mancanza di comunione che si manifesta nella chiesa di Corinto, divisa in fazioni. Paolo indica quattro fazioni forse a titolo esemplificativo, quella di Paolo, di Pietro, di Apollo, di Cristo. Non si tratta di scuole teologiche nel senso moderno del termine ma di comunità personali, troppo legate al suo fondatore ed alla sua guida spirituale. La sopravvalutazione del fondatore rischia di mettere in ombra l’unicità della signoria di Cristo, ma “Cristo non può essere diviso”. Per Paolo questo è un grosso problema: le divisioni sono fondate su un presupposto erroneo: sulla retorica, sulla sapienza, sulla capacità del singolo predicatore pensando che nello scegliere il più bravo ci si possa avvicinare di più a Dio. I Corinzi dimostrano così una fede immatura, il loro modo di pensare non discende dalla novità di Gesù ma dal modo comune (mondano) di ragionare. Se ragionassero da adulti capirebbero che non c’è differenza tra chi pianta e chi irriga, perché ad agire è sempre e solo il Signore. Questo problema sarà ripreso ed approfondito in Cor 1,3.

La predicazione di Paolo (1Cor 1,17-31)
Ora Paolo interrompendo apparentemente il filo del discorso, svolge il tema della croce “potenza e sapienza di Dio”.
Tutto il discorso si regge su un’antitesi: sapienza del mondo/sapienza di Dio “stoltezza/potenza”. Di fronte al medesimo annuncio del Cristo crocifisso, le valutazioni sono capovolte: da una parte lo sguardo del mondo, dall’altra lo sguardo del credente “i chiamati”. Non è l’evento della croce che muta ma gli occhi che la osservano. È in discussione una comprensione di Dio. La preoccupazione di Paolo non è che la croce venga taciuta ma svuotata, depotenziata ad esempio affermando la necessità delle opere come facevano i missionari giudaizzanti, oppure usando abilità dialettiche per allargare lo spazio della resurrezione al punto di fare apparire scolorita la croce (ciò che conta è il Cristo Risorto, il Cristo Spirito, non il crocifisso), oppure riducendola a un simbolo del completo dono di sè (ciò che conta è la logica della croce, cioè la carità).
Per giudei e pagani il rifiuto della croce ha motivazioni diverse ma è ugualmente totale. Per i giudei la croce è “scandalo” perché contraddice la natura di Dio che può solo manifestarsi con i segni della potenza e non nella debolezza. Per il greco la croce è “insipienza”, totale irragionevolezza, insulto al buon senso (e questo vale anche per l’incarnazione e per la resurrezione). Per il greco Dio rientra in una conoscenza a cui si giunge con una propria ricerca mediante la disputa e l’argomentazione “esperti in dibattiti culturali” e quindi anche la verità di Dio è una conquista della ragione. Per il cristiano, per “i chiamati”, la croce e la sua predicazione sono ”potenza di Dio” perché mostrano la forza di un Dio che salva il mondo in totale gratuità servendosi di strumenti che sembrano debolezza; al tempo stesso sono “sapienza di Dio” perché rivelano il progetto salvifico di Dio di farci partecipare alla sua gloria “Gesù Cristo ci rende graditi a Dio”.
Fedele alla logica della croce, Paolo ha preso una decisione ferma: annunciare il Cristo crocifisso nella sua nudità, senza ricorrere a giri di parole né al prestigio degli uomini ma predicando in semplicità a gente semplice e senza importanza “non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne …”. Secondo la carne dice che si tratta di una sapienza mondana, ricca di conoscenze, di ricerche, ma nelle cose di superficie, non nell’unica cosa che veramente conta: la conoscenza di Dio. Infatti la maggioranza dei cristiani di Corinto è gente umile, di nessun conto sul piano culturale e sociale. Ed a questi si rivolge la predicazione di Paolo. È una prova di verità nella potenza del Vangelo: Paolo si dichiara convinto che non si tratta di un fatto casuale ma di una scelta di Dio. Dio ha “ chiamati” e scelto proprio costoro “chi vuole vantarsi, si vanti per quel che ha fatto il Signore”.

L’annunzio di Cristo morto in croce (1Cor. 2,1-5)
Paolo non pensa soltanto “all’evento”, pensa anche al suo annunzio, via per la quale la “croce” deve continuamente attualizzarsi. La “debolezza” della croce deve essere sempre presente nella predicazione e nelle scelte pastorali della comunità e deve obbedire a due regole fondamentali: fare della croce il centro della proposta, anche se questa scandalizza, anche se il mondo la giudica stoltezza e rimanere fedele alla sua logica che è ostinata fiducia nell’amore, nella libertà, nel rifiuto di ogni imposizione. La tentazione dei Corinzi (e in genere di ogni credente) è quella di sottrarsi alla debolezza della via di Dio, cercando altre strade per rendere più accettabile l’annuncio, mentre è solo nella piena accettazione di tale debolezza che può apparire la forza dimostrativa dello Spirito.

La sapienza di Dio (1Cor. 2, 6-7)
Dopo essersi opposto ad ogni tentativo di ridurre il vangelo a sapienza umana, Paolo si preoccupa di eliminare un equivoco. Le sue affermazioni non tolgono la possibilità di una vera sapienza cristiana, di una fede e di una teologia mature che consentano di penetrare più a fondo il mistero di Dio, senza però cadere nella tentazione di razionalizzarlo, ed allontanarlo dalla sua logica di fede, “non si tratta di una sapienza di questo mondo ma della misteriosa sapienza di Dio e del suo progetto di farci partecipare alla sua gloria”. Una sapienza che raggiunge i credenti attraverso il dono dello Spirito e che può essere donata solo a coloro che sono adulti nella fede, “uomini spirituali”.
C’è dunque una sapienza cristiana, una teologia, che non consiste nel sottrarsi alla debolezza della croce bensì nel capirla a fondo.