05 marzo 2010

LA SOBRIETÀ

Nelle proposte spirituali per vivere bene la Quaresima (v. l’In-Formatore del 21 febbraio 2010 - N. 4 - pag. 9) è indicato il suggerimento, fra gli altri, di “sostenere uno stile di sobrietà”. Ma che cos’è la sobrietà per il cristiano? Ci aiuta a rispondere a questa domanda il nostro Arcivescovo, card. Dionigi Tettamanzi con il suo libro “Non c’è futuro senza solidarietà” di cui riportiamo i passi più significativi sull’argomento.

… La sobrietà è virtù certamente. Non però così facilmente apprezzata! E allora mi chiedo: perché? Forse, perché spesso fraintesa. Sobrietà è confusa, se non proprio con avarizia, con un vissuto che sa di risparmio minuzioso, di astensione dai consumi, di calcolo esasperato su tutto ciò che si potrebbe evitare di avere e di comperare ecc. Insomma, più che una virtù - cioè un modo positivo, esemplare di agire - sembrerebbe un comportamento non proprio apprezzabile se non addirittura maniacale, se fosse applicato in modo costante e in ogni circostanza. E, oltretutto, limitato alla sfera economica del vivere.

Ma la sobrietà autentica è tutt’altro!
Essa va intesa, anzitutto, come uno stile di vita complessivo: sobrietà nelle parole, nell’esibizione di sé, nell’esercizio del potere, nel vissuto quotidiano. La sobrietà non ha a che vedere solo con la quantità di beni materiali che consumiamo o meno, con quanto acquistiamo o non acquistiamo. Non è una questione solo economica, ma tocca una sfera molto più ampia del nostro agire e del nostro essere.
In sintesi, la sobrietà è questione di temperanza. È vero che in passato si diceva che una persona era sobria solo in riferimento al mangiare e al bere. Ma è altrettanto vero che a questi comportamenti faceva riscontro uno stile di vita complessivo ordinato, equilibrato, fuori da ogni tipo di eccesso, secondo la giusta misura.

Personalmente ho trovato interessante per capire lo stile sobrio di vita un testo di sant’Ambrogio, che così scrive nella sua famosa opera “Sui doveri”: “Nella temperanza si considerano e si ricercano soprattutto la tranquillità dell’animo, l’amore alla mansuetudine, la grazia della moderazione, la cura dell’onestà, la stima per il decoro. Dobbiamo praticare un metodo di vita, che derivi, per così dire, i primi fondamenti dalla modestia, la quale è compagna e amica della tranquillità dell’animo, evita la protervia, è aliena da ogni mollezza, ama la sobrietà, favorisce l’onestà, cerca il decoro. Si deve anche cercare in ogni azione che cosa sia conveniente alle persone, alle circostanze e all’età; inoltre che cosa sia adatto all’indole di ciascuno” (De officiis, I, 210, 211 e 213).
Tranquillità dell’animo, mansuetudine, moderazione, cura dell’onestà e stima per il decoro sono doni preziosi e compiti impegnativi. Solo con un’educazione morale e spirituale seria si possono accogliere e vivere. E tutti, a cominciare da chi ha una responsabilità di animazione e di guida della comunità, siamo invitati a ricuperare e rilanciare l’autentica sobrietà.

Ciò è possibile cogliendo i significati positivi e liberanti di cui la sobrietà si fa custode e promotrice. Essa, infatti, intende guarire il nostro comportamento quotidiano (personale, comunitario, sociale) da ogni eccesso, riconducendolo alla “giusta misura”, evitando le parole urlate e i toni eccessivi, i consumi sfrenati che giungono allo spreco e, dall’altra parte, l’avarizia di chi accumula indifferente al bisogno altrui.

… la sobrietà non è un assoluto, non è qualcosa da perseguire in sé e per sé: essa è per un bene più grande. Non è virtù negativa, che spinge al calcolo e alla rinuncia in ogni campo del vivere, ma è l’atteggiamento di chi è consapevole del limite, proprio per creare spazio ad altri; di chi non espande i propri domini all’eccesso, proprio perché altri abitino la terra; di chi risparmia non per mettere via per sé, ma per condividere quello che può; di chi non si esibisce, non perché non ha nulla comunicare agli altri, ma perché preferisce aspettare modi e tempi appropriati e non sospetti per farlo.

È una virtù che nasce e cresce attraverso un sapiente e coraggioso discernimento, che la mantiene intimamente collegata con la sua finalità: quella di essere al servizio del bene, a cominciare dall’amore per l’altro, dal dono di sé all’altro, dalla condivisione fraterna; in una parola, in riferimento alla solidarietà.