23 aprile 2010

SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE AI RAGAZZI?

Domenica 25 Aprile i nostri ragazzi del CIC 3 celebreranno per la prima volta il Sacramento della Riconciliazione (chiamato anche Sacramento della Penitenza o Penitenza sacramentale, oppure - più volgarmente - “confessione”).
Per comprendere meglio il senso di questo Sacramento all’interno del Cammino di Iniziazione Cristiana offriamo una pagina molto illuminante di un teologo.

La Penitenza è il Sacramento destinato non semplicemente a un peccatore, bensì a un cristiano peccatore, a colui cioè che, dopo il Battesimo, ricade in una situazione grave di peccato. Quattro sono i momenti che costituiscono questo Sacramento: il dolore dei peccati, la confessione dei peccati, l’assoluzione da parte del sacerdote e la penitenza. La scoperta del proprio peccato e il dolore per esso nascono dall’incontro con la misericordia del Signore; da qui viene la luce per scoprire come siamo veramente e da qui comincia il cammino della penitenza. Il dolore dei peccati non si identifica con qualcosa di emotivo; si tratta invece del gesto con cui un peccatore riconosce: «Così non va; voglio prendere le distanze da questi comportamenti; voglio ritrovare pienamente il mio posto nella Chiesa; voglio ritrovare la verità di me stesso di fronte a Dio».
Il dolore dei peccati non rimane qualcosa di puramente interiore, ma si esprime nel gesto di confessarli di fronte al ministro della Chiesa. Solo confessando il peccato come peccato, il peccatore effettivamente prende le distanze da esso. L’impossibilità di «confessarsi da soli» e la necessità di riferirsi al ministro della Chiesa dipende dal fatto che la fede cristiana non si esaurisce nel rapporto tra il singolo credente e Dio. Il cristiano riconosce che il suo rapporto con il Dio di Gesù Cristo passa attraverso la Chiesa, la comunità che il Signore ha voluto come «luogo» per entrare in relazione con lui; il peccato del cristiano, dunque, mentre «offende» Dio (ma Dio «si offende» perché col peccato noi facciamo male a noi stessi), «ferisce» la Chiesa; di conseguenza il ritorno del cristiano peccatore a Dio passa attraverso la Chiesa e attraverso la confessione dei propri peccati a colui che, in forza del Sacramento dell’Ordine, della Chiesa è ministro.
Dal ministro della Chiesa il cristiano peccatore pentito riceve l’assoluzione: non si tratta di un gesto magico, bensì di un’azione attraverso la quale, nella forza del suo Spirito, Cristo stesso opera comunicandoci il suo perdono. «Perdono» è una parola che oggi facilmente viene fraintesa come sinonimo di «buonismo». In realtà, perdonare non significa minimizzare il peccato. Quando Dio perdona dice: «Nonostante quello che hai fatto, tu sei più grande del male che hai fatto. Puoi lasciarti dietro le spalle il male fatto e puoi andare verso un futuro diverso, perché io ti do la capacità di essere nuovo». L’immagine forse più bella per esprimere l’azione di Dio che perdona è quella evocata dal Salmo 50: la creazione di un cuore nuovo. Nel Sacramento della Penitenza, tuttavia, non si tratta di una creazione assolutamente nuova, bensì di una ri-creazione di quel cuore nuovo donato col Battesimo.
L’ultimo momento del cammino del cristiano peccatore pentito è quello specificamente indicato col termine penitenza. Oggi questo momento si riduce di solito a qualche preghiera che il penitente è invitato a recitare; nell’antichità, invece, i gesti penitenziali erano molto impegnativi: oltre alle preghiere consistevano in digiuni, elemosine, pellegrinaggi a piedi, ecc. Benché siano state notevolmente «ammorbidite», le opere penitenziali non vanno tralasciate, perché hanno lo scopo di rimediare/riparare il male fatto e di manifestare concretamente il desiderio di cominciare una vita nuova con la proposta di un primo passo praticabile.
Propriamente, dunque, la Penitenza non è un Sacramento dell’Iniziazione Cristiana. Potremmo piuttosto parlare di una «ripresa» dell’Iniziazione Cristiana per il cristiano che ha gravemente peccato: se, infatti, mediante l’Iniziazione Cristiana un credente è stato accolto dalla Chiesa, mediante la Penitenza un cristiano peccatore dalla Chiesa viene ri-accolto. Da diversi secoli, però, la prassi della Chiesa di fatto colloca anche la Penitenza all’interno di quello che noi oggi chiamiamo l’itinerario di iniziazione dei fanciulli: essa infatti viene di norma celebrata anteriormente alla Prima Comunione sacramentale. Dopo il Vaticano II, in alcune Diocesi europee, statunitensi e canadesi, si diffuse la prassi di accogliere alla mensa eucaristica fanciulli di sette/ otto anni, rimandando di qualche tempo la celebrazione della Penitenza sacramentale. A favore di questa innovazione giocavano soprattutto motivazioni di carattere psico-pedagogico: nell’ambito dell’evoluzione personale del fanciullo, le condizioni per vivere in modo autentico l’esperienza del perdono sacramentale maturerebbero solo attorno ai nove/dieci anni; la partecipazione alla mensa eucaristica, invece, sarebbe del tutto in armonia con lo stadio evolutivo di un bambino di sette anni. A questa età, inoltre, un fanciullo difficilmente potrebbe trovarsi in quella condizione di peccato che rende strettamente obbligatorio il ricorso alla Confessione prima della Comunione. Nel 1973 la Santa Sede chiese di concludere gli esperimenti avviati e nel 1977 chiarì che non è lecito ammettere i fanciulli alla comunione senza che si siano previamente accostati al Sacramento della Penitenza. A livello teologico questa prassi lascia aperta una domanda: come può essere sacramentalmente riaccolto dalla Chiesa con la Penitenza colui che, non avendo ancora ricevuto l’Eucaristia, non è stato ancora pienamente accolto nella Chiesa? Sul piano dell’agire concreto delle comunità cristiane, le indicazioni della Santa Sede, per quanto non immutabili, sono attualmente vincolanti. D’altra parte, la disciplina che esse ripropongono - pur con le perplessità che solleva - non manca di una sua sensatezza. È vero infatti che la Penitenza sacramentale prima della Comunione è indispensabile per chi sia consapevole di aver commesso un peccato grave; perciò il fanciullo, nella misura in cui è ritenuto normalmente incapace di peccato grave, per sé non sarebbe strettamente obbligato a confessarsi prima di accostarsi alla comunione eucaristica. Almeno a partire dal XIII secolo, però, il Sacramento della Penitenza non è più stato legato unicamente al perdono del peccato grave: i cristiani vi sono ricorsi anche per i peccati più lievi, per le mancanze «quotidiane». Questo modo di «utilizzare» il Sacramento della Penitenza rappresenta un’«estensione» rispetto al suo senso originario, essendo inizialmente destinata al perdono di colpe gravi. E tuttavia si tratta di un’«estensione» che la Chiesa ha ritenuto e continua a ritenere non solo legittima, ma anche molto utile: al Sacramento della Penitenza si possono sottoporre anche le difficoltà, le incertezze e i rallentamenti del proprio cammino di fede. Anche queste realtà, infatti, benché non compromettano radicalmente l’alleanza con Dio nella Chiesa, sono comunque elementi di disarmonia nel rapporto con Dio nella Chiesa. In questi casi, il Sacramento della Penitenza approfondisce, rinnova, affina la vita nuova ricevuta nel Battesimo, che le mancanze lievi hanno offuscato e indebolito.
In questo ordine di idee, ha senso anche la Riconciliazione sacramentale dei fanciulli prima dell’accesso all’Eucaristia, Riconciliazione che può essere opportunamente presentata come una «ripresa » del Battesimo. È però importante che la preparazione a questo Sacramento venga integrata con una più ampia formazione dei fanciulli al senso della conversione e del perdono, in grado di valorizzare, con le opportune attualizzazioni, le opere penitenziali in auge nella Chiesa antica: la preghiera, il digiuno e l’elemosina. Ciò favorirebbe oltretutto una più autentica celebrazione del gesto sacramentale.

Pierpaolo Caspani