19 aprile 2013

“UNZIONE DEGLI INFERMI”


Prepariamo la celebrazione del 5 maggio con gli ammalati.

Riflessioni sul Sacramento della
“UNZIONE DEGLI INFERMI”

I Sacramenti della Chiesa sono il frutto del sacrificio redentore di Gesù in croce. Attraverso di essi il dono della salvezza ci raggiunge, ci sostiene e ci accompagna nei momenti e nelle situazioni più significative della vita.
La tradizione cristiana ci consegna i sacramenti come “segni” della fede: attraverso gesti e parole ci invitano alla confidenza fiduciosa in Dio, ma prima ancora ci offrono un segno efficace della fiducia e dell’amore di Dio per noi.
Tra i sette Sacramenti l’Unzione degli infermi (n.b.: non “estrema unzione”…) è offerto a chi “comincia a trovarsi in pericolo di morte per malattia o vecchiaia”  (cfr. compendio del catechismo della chiesa cattolica n° 316). Esso “conferisce una grazia particolare, che unisce più intimamente il malato alla Passione di Cristo, per il suo bene e per il bene di tutta la Chiesa, donandogli conforto, pace, coraggio, e anche il perdono dei peccati …” (cfr. compendio del catechismo della chiesa cattolica n° 319).
L’Unzione degli infermi è composta essenzialmente di due gesti: l’imposizione delle mani del sacerdote sui malati invocando lo Spirito Santo e l’unzione con l’olio, benedetto il giovedì santo in Duomo dal Vescovo, fatta sulla fronte e sulle mani.
Questo Sacramento, amministrato dal sacerdote - il solo che ha il ‘potere’ di rimettere i peccati -, esprime non solo la vicinanza del Signore, ma anche la premura della Chiesa a chi soffre: per questo è significativo che il Sacramento venga celebrato con le persone più care (i propri famigliari) o nella comunità cristiana riunita in assemblea.
La celebrazione annuale dell’Unzione degli infermi nelle nostre parrocchie è occasione e richiamo per tutti a scoprire i tesori di grazia che il Signore offre a chi vive la vita con fede, anche nei giorni della sua più grande debolezza. Sia anche motivo per rinnovare e moltiplicare i gesti della nostra fraterna vicinanza ai fratelli e alle sorelle provati dalla malattia.