20 marzo 2017

FERMATEVI e GUARDATE


Fermatevi e guardate! Ci siamo proposti all’inizio della quaresima. Già abbiamo avuto alcune straordinarie occasioni per farlo: la celebrazione della messa domenicale e feriale, la via crucis del venerdì e quella in città, la meditazione penitenziale decanale, momenti di preghiera in famiglia e personali…

In questo numero dell’Informatore ecco alcuni spunti a partire dall’omelia del venerdì santo dello scorso anno di mons. Carlo Redaelli (che è stato nostro vicario generale e ora è arcivescovo di Gorizia). Ma poi alcune altre preghiere e riflessioni da meditare davanti al crocifisso.

Gli sguardi di Gesù nella Passione
Dopo aver ascoltato il racconto della passione di Gesù non dovremmo fare altro che stare in silenzio contemplando il Crocifisso. Una contemplazione da continuare nei prossimi giorni rileggendo personalmente i capitoli finali del Vangelo di Luca.

La contemplazione è un fatto di occhi. Occhi che guardano in modo intenso e non semplicemente vedono e, guardando, cercano di penetrare il mistero, il segreto d’amore che la passione racchiude. Più che però di prestare attenzione al nostro guardare, vorrei che riflettessimo sullo sguardo di Gesù, anzi sugli sguardi di Gesù che il racconto della passione ci consegna. Sono di tre tipi: un guardare dal basso, un guardare alla pari, un guardare dall’alto.

Gesù anzitutto ci “guarda dal basso in alto”. Chi sta in basso e deve alzare lo sguardo è il servo, è lo schiavo. E Gesù si è fatto nostro servo. Lo ricorda Lui stesso quando interviene nella sorprendente discussione tra i discepoli, sorprendente perché avviene, secondo l’evangelista Luca, nel contesto solenne dell’ultima cena sul chi è il più grande (come se in questo momento, a Messa, ci mettessimo a litigare tra noi per stabilire chi è il più importante).

Gesù, dopo aver ricordato l’atteggiamento di dominio dei potenti, aggiunge: «Voi però non fate così;
ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve». Sappiamo che il Vangelo di Giovanni, letto il giovedì santo, spiega come Gesù è stato in mezzo ai discepoli in atteggiamento di servizio: lavando loro i piedi. Un compito da schiavo, un servizio che ti pone anche fisicamente al di sotto degli altri e ti costringe a guardare dal basso in alto. Lo sguardo dello schiavo, del povero, di chi deve implorare. Gesù ha assunto questo sguardo.

Gesù poi “guarda alla pari”, guarda negli occhi i propri interlocutori. La passione di Luca ricorda quattro incontri significativi di Gesù dove c’è un incrociarsi di sguardi: in un caso l’evangelista lo esplicita. Ma c’è anche una quinta occasione per così dire fallita.

Il primo incontro, dove non solo due sguardi si incrociano, ma due visi si toccano, è quello con Giuda. Possiamo però legittimamente domandarci: Giuda, avrà guardato negli occhi Gesù, o lo avrà baciato – il bacio del tradimento… – tenendo gli occhi bassi per non incontrare quelli del Signore? Gesù comunque non lo rimprovera, gli pone solo una domanda, a cui Giuda dovrà rispondere. E’ significativo il fatto che il Vangelo di Luca, diversamente da quello di Matteo, non dica più niente del traditore: non racconta la sua morte, il suo suicidio, vi accennerà solo nel suo secondo libro, gli Atti degli apostoli. Come per dire che quella domanda resta aperta.

Nel secondo episodio avviene invece un vero e proprio incrociarsi di sguardi. Si tratta del momento in cui Pietro prende coscienza di avere rinnegato il Signore. Luca ricorda, come gli altri Vangeli, il canto del gallo, ma lui solo evidenza il fatto che Pietro si rende conto del suo atto e se ne pente perché guardato da Gesù: «E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse amaramente». Come sarà stato lo sguardo di Gesù rivolto a Pietro? Uno sguardo non di rimprovero, ma di verità e insieme di misericordia e di perdono, un perdono che ridà fiducia, uno sguardo d’amore. L’incrociare gli occhi di Gesù, di un Gesù arrestato, deriso, umiliato e picchiato, porta l’apostolo a ricordare la parola che il Signore gli aveva detto nell’ultima cena. Una parola che preannunciava il rinnegamento di Simone, ma insieme ne faceva intravedere la possibilità di diventare da fatto negativo, un’esperienza di conversione, di umiltà e quindi di capacità di confermare gli altri: «Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli».

Un terzo sguardo di Gesù è quello rivolto alle donne che lo seguono sulla via della croce piangendo. Gesù, vedendole, le invita a non piangere su di Lui, ma a cogliere il messaggio di conversione che viene dal suo andare verso la croce.

E sulla croce ecco un altro sguardo di Gesù “alla pari”: quello con chi condivide la sua stessa condanna, il malfattore appeso alla croce. Uno sguardo che diventa un breve e decisivo dialogo di salvezza: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Paolo scriverà nella lettera ai Galati, che Gesù, maledetto perché appeso al legno, facendosi maledizione per noi è diventato nostra salvezza (cf Gal 3,13-14): il ladrone, maledetto anche lui con Gesù, è il primo che ha sperimentato questa grazia.
C’era un’altra occasione in cui Gesù avrebbe potuto guardare alla pari, ma questa è fallita. Avviene quando chi lo ha preso in custodia gli benda gli occhi e lo picchia e insulta: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». Gesù non poteva vedere, ma avrà sicuramente guardato con gli occhi del suo cuore misericordioso chi lo stava umiliando.

Infine, c’è lo “sguardo dall’alto”.
L’unico sguardo di Gesù dall’alto non è però da una trono, da una situazione di potenza e di dominio, ma è dalla croce. Proprio osservando dall’alto della croce chi lo ha crocifisso, Gesù dice: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Anche lo sguardo dall’alto è uno sguardo di misericordia e di perdono.
Vivere la settimana santa guardati da Gesù: Lui ci guarda dal basso come servo, alla pari come nostro compagno e fratello, dall’alto della croce come nostro salvatore. Che i nostri occhi incrocino, in questi giorni santi, i suoi.    
     
 † Carlo Redaelli 


Preghiere al Crocifisso di San Francesco d'Assisi

O alto e glorioso Dio, 
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta, speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà. Amen.



di don Angelo Saporiti

Signore Gesù, tante volte ho guardato il crocifisso
e ho immaginato di essere lì, con te, sul Calvario.
Ho guardato quel crocifisso, spogliato di tutto,
privato della dignità, nudo davanti ad amici e nemici,
privato della reputazione,
spogliato dal successo, della credibilità, senza vita.
Ti ho guardato, crocifisso, e mi è sembrato che la tua mano si sia allungata verso la mia,
come per tirarmi su sulla croce, con te.
E ho avvertito una dolcezza e un calore infiniti.
Tirandomi verso te, sulla croce,
tu o Gesù non mi vuoi inchiodare o far morire,
ma mi vuoi donare la vita e la libertà.
Tu, o crocifisso, sei per me simbolo di una liberazione totale e suprema.
La tua croce, Gesù, è per una parabola di conquista, non di sconfitta.
Suscita ammirazione, non commiserazione.
Grazie, Signore, perché dandomi la tua mano e tirandomi su con te sulla croce
tu mi doni la possibilità di liberarmi da tutto ciò che mi rende schiavo e che distrugge la mia felicità.
Fisso il Crocifisso.
E più lo guardo,
e più mi sento orgoglioso di essere amato da un Dio così speciale. Grazie, Signore!
Tu sulla croce mi hai conquistato
dandomi la prova più grande del tuo amore.
Amen.



Non a caso Cristo scelse un tal genere di morte: lo fece per essere maestro di quella larghezza, altezza, lunghezza e profondità di cui parla San Paolo (Ef 3, 14-19). La larghezza è rappresentata dal legno trasversale: e raffigura le opere buone, perché su di esso sono inchiodate le mani. La lunghezza è rappresentata dal tronco stesso visibile fino a terra: esso dà il senso della stabilità e della perseveranza […]. L’altezza è rappresentata da quella parte della croce che si eleva al disopra del legno trasversale, cioè sopra il capo del crocifisso: essa indica la superna attesa di coloro che vivono nella santa speranza. E quella parte della croce che viene piantata e nascosta, sostenendo tutto il resto, sta a rappresentare la profondità della grazia gratuitamente offerta.

(Dagli scritti di S. Agostino)


Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Padre, perdona loro, non sanno quel che fanno»
accordaci la tua misericordia.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Oggi sarai con me in paradiso»
prepara per noi un posto nel tuo regno.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Figlio ecco tua madre» a tua madre «Ecco tuo figlio»
conferma la tua Chiesa quale madre di ogni cre dente.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Ho sete»
dona anche a noi la sete del Dio vivente.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
rendici capaci di sopportare il silenzio di Dio.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Tutto è compiuto»
concedici di compiere la nostra vocazione fino a lla morte.
Signore Gesù, tu che sulla croce hai detto:
«Padre, nelle tue mani affido il mio spirito»
insegnaci ad abbandonarci in Dio nell’ora della morte.